mercoledì 30 maggio 2007

IL VANGELO SECONDO GLI ALLOCCHI



Dice un noto proverbio che “le mamme degli imbecilli sono sempre incinte”; nulla di più vero se solo si presta attenzione alle discussioni convulse (e semiserie) che occupano i giornali e le televisioni dopo la trasposizione cinematografica del best seller di Dan Brown “Il codice da Vinci”:da una parte un sottoproletariato culturale che ignorava l’esistenza dei vangeli gnostici e che adesso si eccita all’idea di un Salvatore dedito ad un improbabile commercio erotico con Maria Maddalena, dall’altra una chiesa sempre più in difficoltà a stare al passo con i tempi di un compiuto nichilismo in cui i credenti non sanno più che farsene delle prediche domenicali. Intendiamoci: la questione è molto meno insidiosa di quanto si voglia far credere, ma il melodramma agli italiani piace (non siamo, forse, la terra del sangue di san Gennaro e delle madonne che piangono?); perché non accontentarli? Tanto più che, un colpo al cerchio ed uno alla botte, ci guadagnano tutti: Dan Brown ed i produttori del film si trovano tra le mani una formidabile ed inaspettata campagna pubblicitaria; la chiesa può recitare ancora una volta (speriamo l’ultima) la parte di chi detiene un sapere esoterico (nel momento stesso della sua sconfitta definitiva dopo la riproduzione della vita in vitro) che attraversa intatto i secoli e le conferisce il più alto magistero nei confronti degli allocchi. Gli allocchi, appunto; quelli che non sanno (beati i poveri in spirito!) che di finzione si tratta:romanzesca e cinematografica nel caso del “Codice da Vinci”(in cui, peraltro, si confondono i manoscritti del Mar Morto con quelli di Nag Hammadi); con pretese di verità metafisica in quello della chiesa, che trasforma la finzione in impostura di basso profilo. Parafrasando Heidegger, si potrebbe dire che soltanto un demonio ci può salvare. La lezione è terminata, andate in pace.


Bruno Bonansea
Saluzzo, 28 Maggio 2006

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